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Ecco come definirei il mio primo anno di volontariato nel reparto di Neonatologia: è il luogo dove le parole "tenerezza, fragilità, delicatezza", mi hanno investita appena posato lo sguardo su una culla; dove mi sono resa conto, cullando i neonati, che quasi sintonizzavo il mio respiro con il loro. 
È il luogo dove gli occhi dei genitori mi hanno detto più di mille parole, mentre affrontavano il loro percorso d'amore con forza e coraggio.
È il luogo dove i sentimenti non li percepisci, ma li respiri perchè ti attraversano con forza.
È il luogo, dove la parola "tempo", ha significato di conquista per i piccoli ricoverati; per i genitori, vuol dire riallacciare con i propri bimbi i fili slegati troppo presto; mentre il mio tempo, desidera essere un piccolo contributo a questo circuito di rinascita.

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Qualche anno fa ho saputo che l'associazione Donatori di Coccole stava per nascere e che aveva bisogno di coccolatori che potessero ascoltare i bisogni dei più piccoli e delle loro famiglie. Non nego che la paura di non sapere cosa mi aspettasse ed il timore di non essere all'altezza non sono mancati ma l'idea di voler dare una mano ha permesso al coraggio di farsi avanti! 
La relazione con bambini e genitori è stata da subito ricca e a doppio senso: noi eravamo per loro una spalla forte  e loro fonte di grandi insegnamenti. 
Ed ecco che in un oggi così complicato, che mostrava solo sfide, abbiamo dato il massimo per attenuare la paura del futuro, regalando ascolto, coccole o semplicemente un sorriso. 
In un ambiente caldo, calmo e famigliare era come se quei piccoli guerrieri ci aspettassero da sempre.

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Non saprei da dove cominciare per descrivere la mia esperienza in neonatologia: un’esperienza meravigliosa che ti arricchisce dal punto di vista umano e che coinvolge cuore e anima. Certamente quello che non riuscirò mai a dimenticare è stato il mio primo giorno di volontariato.
Già dal giorno precedente ero in uno stato emotivo che dalla gioia e dall'eccitazione passava all'ansia e alla paura di “non essere in grado “ né di fare e né di gestire le mie emozioni.
Arrivo in reparto alle ore 15 e vengo accompagnata dalla caposala (peraltro ex collega) in un box della post-intensiva dove è accudito non un neonato prematuro come mi sarei aspettata bensì un bimbo “grande” di circa 6 mesi, abbandonato dai genitori dopo 5 mesi dalla nascita.
Subito sono rimasta colpita dai sui grandi occhi neri che mi fissavano senza mai staccare lo sguardo ma la cosa che più mi ha impressionato è stata l’agitazione del bimbo, un’agitazione tale da alterare tutti i parametri vitali che erano rilevabili dal monitor (respiro, ritmo cardiaco, pressione arteriosa) e sopratutto si manifestava con uno scuotimento continuo della testolina da una parte all'altra della culla senza fermarsi mai. Mi hanno spiegato che questo è un atteggiamento tipico dei bimbi abbandonati. Dal punto di vista clinico era considerato “critico”: aveva un tubo in trachea collegato ad un respiratore, un tubo per l’alimentazione, infusione di liquidi. Subito mi sono chiesta cosa potevo fare io in quella situazione anche in considerazione del fatto che ci era stato detto durante la formazione che non ci saremmo occupati di bimbi in situazioni cliniche critiche. La caposala mi ha spiegato che era assolutamente prioritaria la presenza di qualcuno che si occupasse di quel bimbo che, a quell'età, ha necessità di interagire con gli altri . E adesso? Cosa faccio? Cosa posso fare per cercare di aiutarlo? Non potevo certo prenderlo in spalla per coccolarlo, non era proprio possibile! Ho seguito il mio istinto: mi sono avvicinata a lui e con una mano ho cercato di “contenerlo” il più possibile aiutandomi con un lenzuolino e con l’altra mano lo accarezzavo e contemporaneamente gli parlavo, raccontando storielle e cantando filastrocche. Dopo circa un quarto d’ora il bimbo non solo si è tranquillizzato riportando i parametri vitali entro il range di normalità ma si è addirittura addormentato e ha dormito per tutto il tempo che gli sono rimasta accanto.
Si è risvegliato solo nel momento in cui le mie mani si sono staccate da lui e il suo sguardo, che porterò sempre con me, mi ha seguito mentre mi toglievo i dispositivi di protezione, mentre mi lavavo le mani e mentre uscivo dal box.
Non so descrivere il mix di emozioni che ho provato quella sera: posso solo dirvi che, appena arrivata a casa mi sono liberata in un pianto che da un lato era dovuto alla tristezza per la situazione di abbandono del bimbo ma dall'altro per la felicità per aver contribuito nel mio piccolo ad un bisogno basilare di quel piccolo guerriero.” Donare tempo e cuore ci regala felicità: non sottrae ma aggiunge”.

P.S. A distanza di tempo ho saputo che il bimbo è stato adottato e sta bene

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Sono Claudia, nella mia vita fatta di alti e bassi l’ingresso in neonatologia è stato uno di quei momenti altissimi!
Le premesse erano davvero un’emozione fortissima, un senso di responsabilità e la paura di sbagliare era davvero tanta... io che di esperienza con i bambini non ne avevo mai avuta, che di pannolini non ne avevo mai cambiati neanche ai miei nipoti... capirai se pensi di essere in grado di farlo ad uno scricchiolino di un paio di kili... e invece!
Entrando in reparto, a parte davvero i primi momenti che è opportuno un po’ capire come funziona, come è meglio porsi senza urtare la sensibilità di nessuno, in punta di piedi e con il massimo rispetto di bambini, genitori e operatori... ma poi è tutta in discesa, nessuna preoccupazione, niente ansia o paura di sbagliare: tutto è molto sereno!
Già perché per le infermiere i primi giorni eravamo un po’ “il nemico con la maglia azzurra”, oltre al loro lavoro che le mette a dura prova dovevano controllare a vista che non facessimo una cosa in più o una in meno, dovevano insegnarci tutto, a me in particolare modo tuttissimo perché non sapevo neanche prendere in braccio un bambino, capirai prematuro. Mah, con non so quale magia, ognuna a modo suo, le nostre infermiere ci hanno plasmate a loro immagine e somiglianza, e dal nemico che eravamo siamo diventati i loro alleati e un aiuto per loro nel momento del bisogno!
È incredibile quello che si prova, quando arrivi e dal silenzio cominciano a piangere prima uno, poi l’altro... poi spesso 2\3\4 tutti più o meno nello stesso momento... e loro son sempre quelle... se ci siamo noi coccolatori a dar supporto mentre uno di noi sta cambiando o allattando uno, loro possono occuparsi degli altri in modo che nessuno sia lasciato neanche per un momento a piangere nella propria culletta...
E poi le coccole: quante coccole che si fanno e che ci fanno… perché avere in braccio un neonato è emozionante per entrambi... lui sente il nostro respiro, la nostra voce, e si tranquillizza... e noi sentiamo il suo respiro, profondo, molto più profondo del nostro... quando respirano e sono poggiati sul tuo petto, si alzano completamente, con un ritmo costante, che mette una serenità e una tranquillità indescrivibile.
E dormono, nelle loro orecchie sentono il battito del nostro cuore, il suono del nostro respiro... e noi li guardiamo mentre rilassati e sicuri si abbandonano nelle nostre braccia come se si sentissero nel posto più sicuro a questo mondo.
E piangono, perché piangono quando hanno fame, quando sono da cambiare o anche senza un perché apparente, come tutti i bambini... e tu sei impotente e più che dargli un biberon, cambiargli un pannolino, cercare di farli rilassare e cullarli avanti e indietro nel box puoi fare poco altro... Alti e bassi... come nella vita! 
Poter andare in neonatologia come coccolatore ti da molto di più di quel che ti prende, e nel periodo della pandemia in cui non potevamo andare mancava come l’aria. Ma siam stati fiduciosi e siamo potuti tornare a coccolare i nostri “cicciottini” (che di ciccia ne han poca di solito) e a dare un supporto a genitori e infermieri che quel reparto lo amano così profondamente.

Aspettare ne è valsa la pena, in questi due anni di attesa ho pensato a come sarebbe stato il mio primo servizio e oggi posso dire che, quando ho deciso di entrare a far parte di questa meravigliosa associazione, mi sono fatta il regalo più bello, grande e inaspettato che potessi farmi.Stamattina sono entrata in reparto con un po’ d’ansia, ma dopo aver coccolato tre cuccioli sono uscita a fine turno con il cuore gonfio di gratitudine, di gioia e tutto ciò che di bello e immenso questi piccolini sono riusciti a darmi!

...questa mattina credevo di non riuscire ad entrare in reparto.....avevo paura di non essere all'altezza...di non essere in grado di "occuparmi" di quei piccolini....poi, varcato l'ingresso, senti l'amore che ti travolge, ti entra nelle ossa...il tempo si ferma.....💙💙Donare coccole vuol dire liberare la mente e non pensare altro che a loro..... è stata un'esperienza magnifica....quando esci, ti rendi conto che anche se siamo noi i volontari, sono loro che donano a noi"💙💙💙

Oggi è stata la mia prima volta in reparto.Come mi sento? Come un arcobaleno ricco di colori scintillanti.Sono ricca di emozioni e di gratitudine verso l'Associazione Donatori di Coccole che mi ha permesso di entrare in reparto, verso il Reparto di Neonatologia che mi ha accolta a braccia aperte e mi ha fatto sentire a casa fin dal primo istante, verso i genitori che mi hanno concesso l'onore di coccolare i loro piccoli tesori e verso i piccolini che mi hanno riempito il cuore col loro amore ed io col mio.Restano in me gli sguardi di complicità coi genitori ed i sorrisi che ci siamo fatti mentre coccolavamo o nutrivamo i bimbi, così come gli insegnamenti e la dolcezza delle infermiere.Ho negli occhi e nel cuore i bimbi che ho accudito, i loro sorrisi, le poppate, i lunghi sonni e la sensazione meravigliosa di essere al posto giusto e di fare le cose che amo di più: coccolare, donare un sorriso e donare amore.

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